Calderoli osserva che “il pronunciamento della Corte mi serve per correggere una legge in modo che sia corrispondente a quanto la Costituzione prescrive”.
“Se faccio un mea culpa? “Rispetto alle censure della Consulta a mia discolpa ho il fatto di avere usato una prassi consolidata dal passato e di muovermi in un territorio incognito. Ad esempio. Sui livelli essenziali di prestazione. i lep, nel caso della sanità sono stati definiti con un decreto del presidente del Consiglio dei ministri e sempre dpcm sono stati utilizzati per le misure anti Covid nel governo Conte. Però – spiega – questo strumento è considerato inidoneo per la definizione dei lep nell’autonomia differenziata. Se vogliono una fonte di rango primario, una legge del Parlamento o una legge delega, lo faremo”. “La mia legge”, rivendica Calderoli, “è fatta di 11 articoli e 45 commi, le Regioni di centrosinistra hanno contestato 43 dei 45 commi. La Consulta ha riscontrato 7 motivi su 60 di incostituzionalità che provvederemo a rimuovere. Risultato? L’impianto della legge ha retto”. E sul referendum spiega: “L’autonomia è solidale, forse anche troppo rispetto al comportamento di alcune Regioni. A me il referendum non fa paura, perchè non ho mai creduto che fosse ammissibile. A Meloni manda a dire che senza autonomia niente premierato? E’ una competizione inesistente. I percorsi sono ampiamente separati e tali restano. Il premierato è una riforma costituzionale, richiede più tempo, ma vogliamo realizzarli entrambi”, conclude.
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