(Adnkronos) – Fiocco rosa o azzurro? E' la domanda di rito a cui una famiglia in attesa di un bebè difficilmente riesce a sottrarsi. In realtà, a livello statistico generale, nel mondo ogni anno nascono più o meno lo stesso numero di maschi e di femmine, premettono gli esperti. Ma nella lotteria dei sessi ci sono coppie che vivono ripetuti 'déjà vu', come se tirando i dadi ottenessero sempre lo stesso risultato. Risultato: c'è chi arriva ad avere 4 o più figlie femmine e nessun maschio, e altri che invece 'collezionano' solo figli maschi e niente femmine. Proprio pensando a questi casi, un team di scienziati si è chiesto: questo rapporto distorto tra i sessi può essere il risultato dei geni dei genitori? La riposta potrebbe essere sì. In uno studio pubblicato sulla rivista 'Proceedings of the Royal Society B: Biological Sciences', l'esperto di genetica evoluzionistica dell'Università del Michigan Jianzhi Zhang e lo studente di dottorato Siliang Song spiegano di aver rilevato una variante genetica umana che potrebbe avere proprio questo effetto, cioè influenzare il rapporto tra i sessi dei bebè. In particolare in una direzione: chi ne è portatore avrebbe chance aumentate di far venire al mondo una bimba. Gli autori della ricerca hanno scoperto anche che nelle popolazioni umane potrebbero esistere molte varianti genetiche nascoste che in qualche modo incidono su questo aspetto del rapporto tra i sessi dei neonati. Per condurre lo studio Zhang e Song hanno consultato la Uk Biobank, maxi database biomedico che contiene informazioni genetiche e fenotipiche di circa 500mila britannici. Gli esperti si sono infatti resi conto che, per rilevare l'influenza genetica sul rapporto tra i sessi, avrebbero avuto bisogno di un campione molto più ampio rispetto a tutti gli studi precedenti. Analizzando i dati, hanno identificato un singolo cambiamento di nucleotide, denominato rs144724107, che è associato a un aumento del 10% della probabilità di dare alla luce una bambina rispetto a un bambino. Ma è una variante molto rara: solo lo 0,5% circa, tra i partecipanti alla Uk Biobank, ne è portatore. Questo cambiamento di nucleotide è localizzato vicino a un gene che si chiama Adamts14 e fa parte della famiglia di geni Adamts, nota per essere coinvolta nella spermatogenesi e nella fecondazione. I ricercatori precisano però che la loro scoperta non è stata ancora confermata in altri campioni. "Si studia da decenni la base genetica del rapporto tra i sessi", evidenzia Zhang, professore di ecologia e biologia evolutiva, "ma non è stata trovata alcuna prova inequivocabile di una variazione che alteri questo rapporto nell'uomo", scostandolo "da un rapporto di circa 50:50". Proprio per l'assenza di prove, alcuni scienziati hanno prospettato che il rapporto tra i sessi negli esseri umani non sia soggetto a mutazioni. "Ma questo scenario sembra improbabile – ragiona Zhang – perché quasi tutte le caratteristiche umane sono soggette a mutazione e variazione genetica. Noi pensiamo invece che la variazione genetica del rapporto tra i sessi sia troppo difficile da rilevare" semplicemente "perché il rapporto tra i sessi non viene misurato con precisione". Ogni persona ha in genere un numero molto piccolo di figli, il che può portare a grandi errori nella stima del vero rapporto tra i sessi dei figli di una persona. Ad esempio, se una coppia ha un solo figlio, il rapporto tra i sessi stimato sarebbe zero (se è una femmina) o 1 (se è un maschio), anche se il vero rapporto tra i sessi è 0,5. Nel loro lavoro di indagine, i ricercatori hanno anche identificato 2 geni, denominati Rlf e Kif20b, che potrebbero influenzare il rapporto tra i sessi. I risultati dello studio sono in linea con una teoria della biologia evolutiva chiamata 'principio di Fisher', secondo cui la selezione naturale favorisce la variante genetica che aumenta le nascite del sesso raro. Dunque se in una popolazione nascono meno maschi, la selezione naturale favorisce le varianti genetiche che aumentano il numero di maschi, e viceversa. Così si produce un rapporto più o meno uniforme nella popolazione. "Perché questo principio funzioni, devono esserci mutazioni che influenzano il rapporto tra i sessi", osserva Zhang. "Il nostro studio dimostra che, in effetti, i dati umani sono coerenti con il principio di Fisher". Zhang e Song affermano che, nonostante si siano concentrati sul rapporto tra i sessi negli esseri umani, le loro scoperte trovano applicazioni pratiche anche nell'allevamento di animali, campo in cui un sesso, per lo più femminile, ha spesso valori economici sostanzialmente maggiori dell'altro (le galline per la produzione di uova, le mucche per la produzione di latte). "Trovare varianti genetiche negli animali da fattoria con effetti tanto grandi quanto quelli calcolati per la variante umana rs144724107 porterebbe probabilmente enormi profitti e contribuirebbe al benessere degli animali", prospetta Zhang. La ricerca è stata sponsorizzata dagli statunitensi National Institutes of Health (Nih). Ora gli autori sperano di verificare le loro scoperte in altri campioni. Un compito non facile, chiosa Zhang, per via delle grandi dimensioni del campione richiesto e della rarità della variante genetica identificata. —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)