(Adnkronos) – Flessibilità di orari, smart working, welfare aziendale e possibilità di conciliare i tempi di vita-lavoro. Questi i 'must' per le nuove generazioni che si affacciano al mondo del lavoro, che, oltre alla carriera e agli aspetti economici, guardano sempre più alla 'sostenibilità' dell'attività lavorativa. "Le generazioni giovani sono più focalizzate su aspetti di inclusione e sostenibilità. La condivisione di valori, il clima e la qualità delle relazioni, dal nostro punto di vista, risultano essere molto importanti, mentre meno valore stanno assumendo la carriera e gli aspetti economici", racconta ad Adnkronos/Labitalia Matilde Marandola, presidente nazionale Aidp, Associazione italiana direzione personale. E per Rosario Rasizza, presidente di Assosomm (associazione italiana delle agenzie per il lavoro) e amministratore delegato di Openjobmetis Spa, nelle nuove generazioni c'è un atteggiamento diverso verso il lavoro. "Come dimostra l'ultima ricerca Assosomm, commissionata al Censis, il numero dei Neet è infatti in diminuzione e questo ci lascia ben sperare, anche a fronte della cessazione di una misura che giudichiamo essere stata inefficace come il reddito di cittadinanza, segno di un maggior avvicinamento a politiche attive del lavoro in luogo di istituti di tipo passivo e assistenzialista. La ricerca, in particolare, mostra che, grazie soprattutto a una formazione già inserita nel mondo del lavoro, si sta assistendo in Italia a una graduale ma inesorabile diminuzione dei Neet, corroborata dall'aumento della fiducia dei giovani perché sempre più coinvolti concretamente nel mondo del lavoro. Quello che fino a pochi anni fa sembrava un fenomeno endemico della nostra cultura del lavoro, oggi, è in calo", spiega ad Adnkronos/Labitalia. E anche secondo Marandola "la pandemia ha innescato una sorta di 'rivoluzione' nella concezione del lavoro. Dalle survey del centro ricerche Aidp coordinate dal professor Umberto Frigelli, come 'Il fenomeno delle dimissioni volontarie' e 'Organizzazione del lavoro agile al termine dell'emergenza pandemica' emerge che il fenomeno delle dimissioni volontarie ha riguardato nel 70% i giovani tra i 26 e i 35 anni. Le motivazioni di questo fenomeno sono state migliori condizioni di lavoro in termini di flessibilità di orari e modalità di lavoro e infatti è anche emerso che nel 57% dei casi le aziende hanno difficoltà a trattenere e/o assumere persone se non viene garantito lo smart working", spiega Marandola. Flessibilità centrale anche secondo Rasizza. "I giovani -spiega- si dimostrano oggi particolarmente attenti alle misure di flessibilità delle aziende presso le quali valutano di poter andare a lavorare. Potremmo quasi dire che sono oggi i candidati, e ancor più se parliamo di giovani, a fare un colloquio ai loro potenziali datori di lavoro. È un segno dei tempi, da non far coincidere necessariamente con una scarsa disponibilità all'impegno e al sacrifico. Per contro, mi piacerebbe vedere una maggiore disponibilità di chi entra nel mercato del lavoro a prendere in considerazione opportunità magari non perfettamente in linea con i propri studi o con i propri sogni: a volte, serve un po' di coraggio e di apertura mentale nel costruirsi esperienze che saranno comunque in grado di fortificare hard e soft skill", sottolinea. E per Marandola l'identikit del lavoro 'tipo' per le nuove generazioni è presto fatto. "Questi dati ci danno una fotografia precisa delle caratteristiche che il lavoro ideale per i giovani deve possedere, ossia garantire il work-life balance declinabile nella possibilità di fare smart working, garantire uno stipendio adeguato non solo alle competenze ma anche coerente con il costo della vita del nostro paese, un ambiente di lavoro che sia aperto alle novità quindi innovativo, tecnologico in cui i giovani possano sentirsi liberi di esprimere le loro idee senza alcun timore e in cui possano apportare, in maniera pragmatica, un valore aggiunto", aggiunge ancora. Per Marandola, in pratica, "grande importanza assume la flessibilità in generale ed è fondamentale operare attraverso un ascolto profondo". "In questo contesto sicuramente la dimensione dello spazio e del tempo assumono valore completamente diverso", aggiunge ancora. Anche secondo Rasizza "proprio il tema della conciliazione di tempi ed esigenze tra vita e lavoro è sempre più al centro dell'attenzione non solo dei giovani ma di tutti coloro che valutano oggi una posizione professionale, un'eredità della pandemia che ha fatto riscoprire l'importanza di coltivare relazioni e passioni anche al di là della propria vocazione professionale", rimarca. Ma qual è la risposta delle aziende a queste nuove tendenze tra i giovani lavoratori? "Credo che le aziende -spiega Marandola- stiano mostrando una certa disponibilità nei confronti delle esigenze espresse dai giovani, le persone all’interno delle organizzazioni vengono ascoltate di più, si cerca di andare incontro ai loro bisogni, spesso per non rischiare di perderle. Si stanno affermando forme di lavoro sempre più inclusive, socialmente responsabili e sostenibili. Gli Hr sono oggi più aperti al dialogo e all’ascolto e credo che questo cambiamento rappresenti, in un’ottica sia sociale che lavorativa, un’importante svolta", rimarca. E per Rasizza le aziende "si stanno sempre più allineando, come dimostrano le richieste da parte delle nostre aziende clienti che spesso ci chiedono consulenza in tal senso". "Qualche volta, rileviamo qualche resistenza nel prendere in considerazione misure più flessibili e inclusive, ma la strada è ormai segnata lungo questo trend. Un bene, direi", conclude. —lavoro/datiwebinfo@adnkronos.com (Web Info)