(Adnkronos) – Viktor Orban, primo ministro ungherese e ‘bestia nera’ del consensus bruxellese, arriva a Strasburgo e, alla vigilia del dibattito con gli eurodeputati che si tiene oggi 9 ottobre, illustra la sua ‘ricetta’ su come l’Ue dovrebbe evolversi e fornendo a tratti anche una certa prospettiva storica sull’evoluzione che l’Unione ha subito in questi ultimi anni. Escluso decisamente che il suo Paese possa seguire l’esempio del Regno Unito: l’Ungheria, ha detto, "non ha alcuna intenzione" di lasciare l'Unione Europea. Orban è uno dei leader politici più longevi d’Europa: è primo ministro ininterrottamente dal 2010, e in precedenza aveva ricoperto la stessa carica dal 1998 al 2002. Nel 2011, all’epoca della prima presidenza ungherese del Consiglio Ue, ha ricordato, “avevamo a che fare con le primavere arabe e con l’incidente nucleare di Fukushima”, in Giappone, quindi “non era neanche quello un periodo facile”. Ma oggi “l’Ue è in situazione molto più seria”, con “gravi conflitti” nel Medio Oriente, in Africa e in Ucraina, che si ripercuotono sull’Europa. Al primo posto, nell’agenda della presidenza ungherese, c’è la “competitività”, della quale si parlerà a Budapest, nel Consiglio Europeo informale dell’8 novembre, con l’ex presidente della Bce Mario Draghi. L’Europa, ha ricordato Orban, “perde costantemente competitività”, come “ha detto Draghi”. Anche il presidente Emmanuel Macron, ha ricordato il premier, ha avvertito che l’Europa “potrebbe morire”. E quindi “in tempi come questi è nostro dovere mostrare al Parlamento Europeo la via: l’Europa deve cambiare”. Il nostro obiettivo è avere “un’Europa competitiva”. Il premier magiaro ha parlato a lungo di migrazioni, uno dei punti sui quali l’Ue ha finito negli ultimi anni per avvicinarsi a posizioni non molto lontane dalle sue. Secondo lui, la “crisi migratoria non è finita”. Dal 2015, ha notato, “mi danno o dell’idiota o del malvagio”, quando si parla di politiche migratorie, ma alla fine, prevede, “tutti concorderanno con me, alla fine: servono hotspot esterni”. Per Orban, la politica migratoria europea “non funziona” e l’immigrazione “illegale” aumenta “il livello di antisemitismo, la violenza sulle donne e anche l’omofobia”. Visto che la politica migratoria Ue “non funziona”, i Paesi membri “tentano di difendere” le loro frontiere, reintroducendo i controlli di confine. Per Orban, come per l’area euro esiste l’Eurosummit, anche i leader dei membri dell’area Schengen “dovrebbero riunirsi regolarmente”. Anche la “politica di sicurezza” europea per la presidenza ungherese “è importante” e “ne parleremo al Consiglio Europeo” di Budapest in novembre. Inoltre, per l’Ungheria “senza i Balcani l’Europa non sarà mai completa”. Sono “vent’anni”, ha ricordato Orban, che l’Ue ha promesso a quei Paesi di poter entrare. E “senza la Serbia, il processo non sarà mai completo”. E qui ha sottolineato che Romania e Bulgaria dovrebbero finalmente entrare nell’area Schengen, dato che “sono pronte a difendere i confini esterni dell’’Ue”. Orban ha poi ricordato che per la presidenza ungherese “l’agricoltura è molto importante” e sarà tra le priorità di Budapest, per “rendere l’Europa di nuovo grande”, ha detto evocando il Maga di Donald Trump. Sulle prossime elezioni presidenziali Usa, non si è nascosto dietro formule diplomatiche: “Se tornerà Trump stapperemo diverse bottiglie di champagne”, ha assicurato. Perché “ci sono differenze ovvie” tra l’approccio alla politica estera dei Democratici e dei Repubblicani. Se Trump vincerà le elezioni, ha detto ancora Orban, “agirà immediatamente” sulla guerra tra Russia e Ucraina, “ancora prima di insediarsi”, quindi in Europa “non avremo molto tempo” come europei per prepararci. Per l’Ungheria “sarebbe comunque un giorno fantastico”. Anche sulla guerra in Ucraina ha detto chiaramente come la pensa, pur riconoscendo di essere “in forte minoranza” nell’Ue. In Ungheria "abbiamo un'opinione diversa dalla maggioranza degli altri Paesi" sulla guerra in Ucraina. "L'intenzione è avere un cessate il fuoco il prima possibile, perché non è possibile vincere sul campo di battaglia. Quello che stiamo facendo è perdere, perdere, perdere". "La strategia europea – ha continuato – non è una buona strategia. Non è mai successo nella storia che nella guerra non ci fosse comunicazione" tra i belligeranti. "Quello che facciamo è irrazionale. Sono in minoranza nell'Ue, ma essere in minoranza non è una ragione per rinunciare alle proprie convinzioni. Questa strategia non funziona, come si vede. Ne serve una nuova”. E a Budapest, ha aggiunto, “abbiamo esperienza con i russi”. L'Ungheria oggi “fortunatamente è nella Nato. Per molto tempo siamo stati una zona cuscinetto”. In Russia e in Ucraina, ha detto Orban che ha incontrato sia Vladimir Putin che Volodymyr Zelensky, "entrambi i leader sono convinti che il tempo sia dalla loro parte. Quindi non vogliono un cessate il fuoco e la pace: vogliono continuare a combattere. Il che non è positivo per l'Europa”. Quindi, “dovremmo creare un ambiente internazionale che li spinga a comunicare, verso un negoziato". Ma “la mia proposta – ha continuato Orban – è stata rigettata. Ora la situazione è che la maggioranza del mondo è per la pace e l'Ue è per la guerra. Noi pensiamo di essere la maggioranza morale del pianeta, ma non è così. Prima della mia missione, parlare" di queste cose "era tabù. Quando parlavo di pace, mi dicevano che ero il cavallo di Troia di Putin. Credo che dobbiamo continuare a lavorare per convincere i belligeranti" a parlarsi, per arrivare ad un cessate il fuoco. Non solo. Orban ha detto che, a suo modo di vedere, il problema è “l’élite europea”, che “si definisce mainstream” e che “tenta di gestire la politica europea”, vivendo nella “bolla” bruxellese. Per lui, i popoli “non sono d’accordo” con le politiche del mainstream europeo, che “si cinge di una cintura protettiva”. Quindi, l’élite europea “ci vede, noi Patrioti o l’Ecr, come pericolosi, perché rappresentiamo la volontà del popolo”. Il cordone sanitario nel Parlamento Europeo, per Orban, è un’espressione di questo atteggiamento: “In Ungheria – ha notato – non esiste che un partito di opposizione non ottenga una presidenza di commissione”. Quindi, ha proseguito, “suggerisco che ci calmiamo tutti” e che dialoghiamo, perché “servono grandi cambiamenti” in Europa. Se “la bolla” non sarà in grado di produrre quei cambiamenti “dovremo metterla da parte”, ma “anche loro potrebbero essere parte del cambiamento: nessuno vuole buttarli fuori”. Perché “persino le élite capiscono che servono cambiamenti nelle migrazioni, nell’agricoltura, nella competitività. Non è ideologia, è buon senso. Come Patrioti continueremo a crescere, crescere, crescere. Ma qui parliamo di politica europea, non di questioni di partito”. E ha aggiunto che, secondo lui, nel 2015-2016 nell’Ue “è cambiato tutto”. "Il 2015 – ha detto Orban – è stato l'anno in cui le cose sono cambiate. Prima di tutto, le migrazioni non sono un problema tecnico, ma rivelano come la pensi sulla tua comunità nazionale e sugli stranieri. E' una materia molto verticale. Sfortunatamente, invece di lasciare ogni Paese con la sua politica, i pesi massimi hanno deciso che serviva un pacchetto comune sulle migrazioni". Anche la Brexit “ha cambiato tutto – ha continuato Orban – perché l'Ue era sempre stata basata sull'equilibrio. I francesi, i tedeschi, e probabilmente la maggioranza dei membri fondatori, stavano da una parte, quelli dell'est e i britannici dall'altra parte”. Insomma, prima della Brexit “c’era un equilibrio naturale”, ma poi “i britannici sono usciti”. E “ora viviamo un momento molto difficile, perché molte proposte che vengono dalla Commissione vorrebbero centralizzare sempre di più" le politiche, "e a noi questa cosa non piace". Il premier magiaro ha detto di non avere mai aspirato a diventare "un politico internazionale", ma "sono i liberali che mi hanno reso famoso", ha sostenuto. E sulla leadership in Europa, ha proseguito, "ho una teoria: noi consideriamo le istituzioni come la cosa più importante. Se vengono gestite bene, tutto è a posto. Ma, quando arrivano i problemi, le istituzioni" non bastano. "Servono leader forti, eletti, che siano determinati". Il problema non è "la mancanza di qualità dei leader", perché dirlo “non sarebbe giusto”, ma "la cultura della bolla. Io non sono più coraggioso degli altri: la differenza è che noi in Ungheria abbiamo una stabile maggioranza. Se avessero la nostra forte maggioranza Germania, Francia, Spagna e Italia potrebbero fornire leader". Orban, infine, ha rivendicato il diritto di proporre le sue ricette in Europa, senza essere ostracizzato e ridotto al silenzio: “Non sta scritto da nessuna parte che il primo ministro ungherese debba stare sempre zitto. Sono qui a rappresentare l'interesse nazionale degli ungheresi e vorrei fare accordi e compromessi con gli altri", ha concluso. —internazionale/esteriwebinfo@adnkronos.com (Web Info)